adoro chiacchierare con Stefania, davanti ad una tazza di the verde, mentre mio figlio le distrugge la casa e mia moglie si divide tra l'ascoltare, l'intervenire alla discussione e il limitare i danni di quel discolo.
la sua è una storia su cui riflettere, come tutte le storie che parlano di amara realtà e di dolci sogni.
questa matta ci racconta che a marzo si laurea, archeologia, e poi vuole fare il dottorato di ricerca nientemeno che sui Pigmei dell'africa centrale.
vuole andare in mezzo alla foresta tra queste popolazioni di indigeni e studiarne comportamenti, abitudini di vita e quant'altro.
non entro in dettagli tecnici dell'impresa, che conosco poco ed è un linguaggio a me lontano.
tante volte in questi anni di nostra amicizia ci ha parlato di questo suo sogno, di questa sua empatia per quella gente che, vivendo ancora agli albori del mondo, non rompe i coglioni a nessuno, ma in tanti li vorrebbero sterminati.
occupano spazio, territori da sfruttare con agricoltura selvaggia e deforestazione.
e lei vorrebbe far conoscere al mondo, a chi ancora non sapesse, quanto potremmo imparare da queste persone, invece di ucciderle come accade oggi.
quello di Stefania è un nobile ideale, un grande sogno, ma per realizzarlo è necessario fare i conti con la realtà.
che non ha sempre un volto gentile ed onesto, a volte è ombroso, a volte è tradito da un sorriso beffardo di chi, appena può, te lo mette nel culo.
questa realtà si chiama università italiana.
dopo anni di studio e di ottimi voti, di veri e propri esborsi di euro per le tasse universitarie, tra le più alte d'europa, di misere borse di studio, giunta alla fine, o quasi, non riesce ancora a vedere uno spiraglio di luce per i suoi progetti.
non qui in Italia, dove tra baronato e legislazioni giocattolo, una testa come la sua, come tante altre, non serve, non riesce a trovare spazio.
ed il dottorato ci dice che lo andrà a fare all'università di Parigi, perchè li per tre anni spende diciotto volte meno che non qui da noi.
perchè li la sua intelligenza la vogliono, le daranno una possibilità.
dovrà imparare il francese e trovarsi un lavoro, vivere nella città degli amanti costa caro, ma poi andrà finalmente in africa, tra quella gente che probabilmente diventerà la sua.
prima di salutarla, augurandole in bocca al lupo, le chiedo se, al raggiungere del suo sogno, tornerà mai in Italia, o nel mondo cosiddetto civile.
con un sorriso sulla porta di casa ci confida che, a passeggio coi Pigmei, la parola civiltà perde ogni senso.
non riesco a darle torto...
caro amico Giorgo, compagno di vita in questi anni di lunghe ascese verso una meta che sembrava lontana... siamo tutti Africani!!! è in questa terra che l'Uomo è nato. prima di diventare "sapieti" (sapiens), siamo scesi dagli alberi, spinti dalla fame abbiamo rubato le carogne lasciate dagli altri predatori della savana, abbiamo sviluppato il pollice opponibile (o presa di precisione)e, infine, 120.000 anni fa, dopo aver imparato a camminare su due "zampe", abbiamo colonizzato il resto del mondo, medio oriente, asia, europa, australia, america... ma in questo lungo percorso evolutivo siamo e rimarremo sempre SCIMMIE NUDE!!! che strano pensare che oggi respingiamo i barconi dei "negri" perchè non ci servono più... eppure se non ci fossero stati i "negri" non c'eravamo nemmeno noi!!!
RispondiEliminaio decido di tornare nella mia terra, l'Africa, perchè è da li che voglio riconminciare a VIVERE, passeggiando nella foresta con i miei fratelli Pigmei...